L’apocalisse dell’hamburger? Il fast food è sull’orlo di una crisi, e non tutti sopravviveranno
- Con il crescere del timore di possibili chiusure, l’industria della ristorazione è alle prese con una “lotta per il territorio”.
- L’aumento dei costi del personale, il cambiamento dei gusti dei millennial e la vasta scelta hanno reso il settore del fast food competitivo come non mai.
- “È un po’ come restare a galla temendo che possa accadere qualcosa di brutto” ha detto a Business Insider un’esperto del settore dei fast food.
Con la competitività sempre crescente nel settore della ristorazione crescono anche i timori dell’approssimarsi di un’apocalisse per i fast food. “È un po’ come restare a galla temendo che possa accadere qualcosa di brutto”, ha detto a Business Insider John Hamburger, fondatore della rivista di settore Franchise Times Corp.
E mentre nessun dirigente dirà mai che le proprie catene soccomberanno in questa lotta, gli amministratori delegati devono ammettere che l’ambiente competitivo sta provocando dei problemi.
Nel corso di una riunione con gli investitori, tenuta all’inizio di maggio, l’amministratore delegato di McDonald’s Steve Easterbrook ha imputato le difficoltà incontrate nel riuscire ad attrarre più clienti alla “lotta per le quote di mercato”. Greg Creed, amministratore delegato di Yum Brands, ha detto che “un mercato molto difficile” ha fatto sì che i nachos di Taco Bell non spingessero le vendite come previsto dagli analisti.
Al di fuori del settore fast food, il presidente di Ihop Darren Rebelez ha ammonito che in un “ambiente estremamente competitivo” riuscire ad aumentare le proprie vendite significa sottrarre clienti ai rivali.
“Per sopravvivere, bisogna essere davvero bravi”, ha detto recentemente a Business Insider l’amministratore delegato di Pf Chang Michael Osanloo, notando come il settore fast food potrebbe diventare più competitivo di quanto non sia mai stato.
Secondo Hamburger, molti sono i fattori che contribuiscono all’attuale situazione di tensione, tra cui un ricambio generazionale, i costi del lavoro e un cambiamento dei modelli di business adottati dai ristoranti nell’ultimo decennio.
“È una vera è propria lotta per il territorio”, ha detto.
Secondo Hamburger una cosa è praticamente sicura: alcuni ristoranti dovranno chiudere.
La strage dei millennias
Sebbene titoli come “i millennias ci stanno uccidendo” siano oggetto di ironia da più parti, il ricambio generazionale ha colpito duramente i ristoranti. Molti erano stati pensati per i baby boomer e non sono riusciti a cambiare marcia per riuscire a venire incontro ai gusti dei millennial.
“Io non volevo andare nei ristoranti in cui andavano i miei genitori”, ha detto Hamburger. “E tu non vuoi andare nei ristoranti in cui andavano i tuoi genitori”.
Le catene di ristoranti casual dining, come Tgi Fridays, Applebee’s, Buffalo Wild Wings e Chili’s sono già state colpite dal fenomeno, con un calo delle vendite che ha provocato centinaia di chiusure.
“Rispetto ai loro genitori, i millenial sono attratti maggiormente dalla cucina casalinga, dal cibo a domicilio o dal mangiare velocemente in ristoranti fast-casual o quick-serve“, ha scritto nel 2017 in una lettera agli azionisti Sally Smith, l’amministratore delegato di Buffalo Wild Wings.
Troppi ristoranti
I ristoranti che propongono casual dining non possono continuare a vivacchiare nella mediocrità, tenendo duro nonostante la perdita dei soldi dei millennial, anche perché esistono molti altri ristoranti che si contendono i clienti.
Mentre le vendite all’interno dello stesso negozio sono cresciute grazie al settore della ristorazione nello scorso trimestre, secondo i dati di BlackBox TDn2K, il via vai è diminuito del 2,7%. Questo calo significativo resta comunque il miglior risultato registrato, da anni, nel settore rispetto al via vai di clienti all’interno dei negozi.
“Crediamo che l’offerta di ristoranti sia eccessiva”, ha detto l’anno scorso a Business Insider Victor Fernandez, direttore esecutivo per le strategie di TDn2K.
Molti dirigenti, tra cui quelli di Dunkin’ Donuts, Starbucks e Darden, società madre di Olive Garden, sono preoccupati per il numero eccessivo di ristoranti presenti.
Nel settembre 2017 Nigel Travis, amministratore delegato di Dinkin’ Brands ha detto: “Non sono molte le categorie che stanno crescendo veramente. Probabilmente il paese ha un numero eccessivo di ristoranti”.
Osanloo di Pf Chang è più ottimista.
“È un movimento costante. Ci sono troppi ristoranti cattivi, questo è certo”, ha detto. “E credo che questi avranno vita molto breve. I ristoranti buoni stanno invece andando molto bene”.
Però, anche se chiudono solo i ristoranti cattivi e mediocri, vuol dire che negli Usa una porzione significativa di luoghi in cui poter mangiare scompariranno, provocando così la scomparsa di migliaia e migliaia di imprese e posti di lavoro.
Un modello imprenditoriale in pericolo
Molti di questi problemi hanno una natura ciclica, dice Hamburger. Quasi quarant’anni fa, nel 1979, Robert L. Emerson pubblicava “Fast Food: The Endless Shake Out”, in cui sosteneva che il settore è connaturato da un ciclo di espansioni e di cadute.
Le principali ondate di chiusure fanno parte del settore del fast-food, una parte cui Hamburger dice di aver assistito molte volte da quando ha iniziato a occuparsi, a fine anni ’80, del settore della ristorazione.
“Ecco la scossa infinita (“endless shake out”)”, ha detto a proposito delle chiusure in corso e di quelle previste. “Sta accadendo, ed è più probabile dato che ci sono così tanti ristoranti”.
Hamburger sostiene che i problemi attuali sono stati esasperati dall’eccessivo affidamento del settore sui negozi in franchising.
Negli ultimi anni, catene come Jack in the Box, Applebee’s e Taco Bell hanno aumentato notevolmente la proporzione dei locali di proprietà dei licenziatari invece che della società stessa, facendo così risparmiare soldi alle società, molti dei quali sono stati poi spostati sul mercato azionario. Ma ciò vuole anche dire che le catene possono perdere il contatto con quanto succede veramente nei vari ristoranti presenti sul territorio.
I licenziatari possiedono sempre più locali, con quattro gruppi in franchising che fatturano più di un miliardo di dollari (oltre 834 milioni di euro) all’anno e 130 licenziatari che generano ricavi superiori a 100 milioni di dollari (834 milioni di euro), secondo il Restaurant Finance Monitor. In sostanza, i dirigenti che prendono le decisioni generali per i ristoranti, quali quelle relative alla pubblicità e ai prezzi, sono sempre più distanti da quanto avviene nei negozi.
Il settore della ristorazione ha accumulato 299 miliardi di dollari (249 miliardi di euro) in vendite negli Usa nel 2017, e i suoi dipendenti rappresentano circa il 10% della forza lavoro statunitense.
L’apocalisse del retail ha tolto il lavoro a centinaia di migliaia di persone, lasciando in bancarotta diverse società e svuotando i centri commerciali. Adesso, anche il settore della ristorazione deve prepararsi ad affrontare e subire questo duro colpo.
fonte: Business insider italia